Woodstock ad Asolo: una mostra sulla fine degli anni Sessanta

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Woodstock ad Asolo: una mostra sulla fine degli anni Sessanta

Sono passati 50 anni dal grande concerto rock di Woodstock, negli Stati Uniti, simbolo di liberazione culturale e di lotta contro ogni repressione. Questo è il motivo per cui quest’evento storico viene fatto rivivere ad Asolo, piccolo borgo del trevigiano che nulla sembrerebbe averci a che fare. Il ricordo della storia è fondamentale nel presente e il clima di Woodstock porta con sé un messaggio che non può essere dimenticato, né banalizzato. La mostra, che unisce arte, musica e cinema, si concluderà il 12 maggio.

Spettatori su un "prato", un po' come al concerto

Un’immagine della mostra asolana

La genesi dell’iniziativa

L’iniziativa di questa mostra vede come protagonisti il Museo Civico di Asolo e i curatori di MV Eventi. Un sodalizio nato tre anni fa con l’esposizione dedicata a Andy Warhol e proseguita lo scorso inverno con una rassegna su Mario Schifano e la Pop Art italiana. Lo scopo del progetto è stato proprio quello di raccontare quest’arte e il clima culturale che l’ha fatta nascere, consegnando un prodotto culturale di nicchia come quello artistico nelle mani dell’ampio pubblico. «Il Museo di Asolo ha come compito principale non solo quello di continuare a valorizzare il proprio patrimonio artistico» spiega Cristina Mondin, manager del Museo, «ma anche di farsi conoscere come promotore di cultura sul territorio nazionale, non temendo di presentare eventi artistici che apparentemente non hanno legami con il territorio, ma che hanno l’obiettivo di catturare l’attenzione dei più giovani e promuovere la cultura a 360 gradi».

Foto all'interno dello spazio espositivo

Un altro scorcio dell’esposizione

Un’immersione nei “late Sixties”

Diversamente dalle due precedenti, questa mostra va oltre la semplice rassegna dell’arte tradizionale e porta al centro dell’attenzione nuove importanti produzioni artistiche: cinema e musica. Attraverso istallazioni audiovisive e postazioni musicali la mostra si fa totalmente esperienziale. Si può raccontare il contesto e gli scopi, ma al visitatore si consiglia di lasciar coinvolgere tutti i propri sensi e di aprire le porte della propria anima. Le opere di Robert Rauschenberg, Mario Schifano, Mimmo Rotella e Robert Indiana ben si coniugano con la musica di Janis Joplin, Jimi Hendrix, Led Zeppelin. Ad essi si accompagnano filmati dell’epoca in ricordo delle contestazioni giovanili e dei movimenti pacifisti contro la guerra in Vietnam, due temi politici caldi del periodo che si sono specchiati nella produzione culturale. Pannelli storici ripercorrono la rivoluzione della minigonna, le grandi opere letterarie della beat generation e le espressioni musicali più in voga. Uscendo il visitatore porta con sé qualcosa, che sia il colore ipnotico dei Beatles di Marco Lodola o le parole di “C’era un ragazzo” di Morandi o l’infinito ritornello del musical Hair “let the sunshine, let the sunshine in, the sunshine in”. In ciascuno di noi l’arte provoca diverse risonanze e questa mostra è in grado di dimostrarlo.

Dal Museo alla Torre Civica

Con lo stesso biglietto d’ingresso del museo la storia di Woodstock e dei “late Sixties” prosegue nella Torre civica. A pochi passi dalla piazza principale si trova il castello della regina Caterina Cornaro e uno dei pochi edifici che assumono ancora in gran parte il proprio aspetto originario: la torre civica appunto. Al suo interno si custodisce un approfondimento sulla cultura americana degli anni Sessanta, raccontato attraverso pannelli, video e musica. Dai discorsi politici di J.F. Kennedy, alle immagini di libertà del film “Easy Rider” fino alle note distensive di “Imagine” di John Lennon. Il percorso termina sulla terrazza della Torre Civica, da cui è possibile godere di uno splendido panorama sulla pianura e sui monti.

Woodstock ad Asolo: una mostra sulla fine degli anni Sessanta ultima modifica: 2019-04-02T09:17:25+02:00 da Giorgia Favero

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