Vasco Mirandola ha deciso di festeggiare a modo suo i trent’anni dal premio Oscar per la sua partecipazione al film Mediterraneo di Gabriele Salvatores. Cioè con una serie di serate tratte dai suoi ultimi due libri, realizzati in tempi di lockdown. L’attore padovano, classe 1954, si è esibito, insieme al pianista Ivan Tibolla, sotto la loggia dei Cavalieri di Treviso, nell’ambito della rassegna “Robe da matti”. Un originalissimo rearing, dove letture di brani, musica e video hanno rivelato la natura poetica ed ironica di questo poliedrico artista. Lo abbiamo incontrato prima dello spettacolo; ecco quanto ci ha raccontato…
Vasco, sarà banale, ma incominciamo proprio dal film che ti ha fatto conoscere al grande pubblico, Mediterraneo. Qual è il ricordo più bello di quel periodo?
Certo, perchè sono appena trascorsi trent’anni dall’Oscar. C’è stato un evento in Toscana per un festival, c’erano Claudio Bisio e Claudio Bigagli. Ci sono tanti bei ricordi; per me fu la prima esperienza cinematografica e c’era una condizione molto particolare, siamo stati sempre tutti insieme in Grecia per due mesi e mezzo ed è una cosa insolita nel cinema. E poi c’era quest’attenzione che aveva Salvatores nel cogliere tutto quello che succedeva, per cui il film si è arricchito con tutte le cose che accadevano, dagli innamoramenti alle battute improvvisate.
Proviamo ad andare ancora più a ritroso nel tempo. I tuoi inizi sono stati con il duo di cabaret Punto e Virgola, con un altro noto attore padovano, Roberto Citran. Quanto formativa fu per voi quest’esperienza?
Avevo iniziato a fare teatro drammatico di ricerca e ad un certo punto avevo questo desiderio di provare altre strade, per cui abbiamo messo su uno spettacolo ed è venuto fuori quel numero che ci ha resi famosi, quello del mago col suo aiutante. Non me l’aspettavo. È stata una strada che si è aperta all’improvviso, ma mi è piaciuto moltissimo ed è stato anche interessante per la formazione che ho avuto in seguito per la mia storia artistica, che ha messo insieme il drammatico col comico, con una fusione che non è né totalmente una cosa, nè l’altra, ma di avere dentro entrambe le anime.
Tornando all’attualità, che lavoro stai invece portando giro in questo periodo?
Sono anni che mi dedico in particolare alla poesia, perchè mi piace molto. Oltre a scrivere ci sono proprio delle cose che porto in giro, tratte dagli ultimi libri. Mi piace anche molto lavorare sugli scrittori e sulla scrittura, sul rapporto fra musica e scrittura. Sono anni che ho lavorato su Alda Merini, su Dino Buzzati, su Luigi Meneghello. Insomma sostanzialmente mi piace molto questa ricerca che faccio in questi anni. Poi capitano anche delle altre cose, per esempio in questo periodo dovevo fare un film con Aldo, Giovanni e Giacomo, ma non ci siamo incastrati con le date: una di quelle che si doveva girare sarebbe stata proprio stasera. Con la televisione invece non ho avuto un buon rapporto, nel senso che ti aiuta molto per alcune cose, però ti fagocita. È un ambiente che sinceramente non ho amato molto, al contrario del cinema.
A proposito di scrittura, ricordo un divertentissimo libretto dal curioso titolo di “Carpe diem trota gnam”; hai ancora questa spinta verso il genere comico?
Sì, anche in questo tour lo faccio. Durante il lockdown ho scritto due libri, Cento poesie in gioco e Volevo solo scriverti accanto. Uno abbastanza divertente, sono gli occhi poetici, in cui mantengo un po’ quest’anima e l’altra parte invece è quella vena più poetica, intima e personale che ha toccato in questo periodo ed è comunque un’anima importante che ho dentro, come dicevo prima. Andare comunque in intimità con leggerezza, ecco, forse questa è la cosa che sento come mia ricerca.
Un’ultima battuta sul rapporto con il tuo Veneto e con Treviso, che ospita stasera Vasco Mirandola…
Stavo proprio riflettendo che lavoro più a Treviso che non a Padova, nel senso che ho collaborato spesso con la rassegna letteraria Carta Carbone, con Mirko Artuso, con il teatro del Pane. Ci sono state più collaborazioni qui che a Padova, forse nel padovano è più difficile, è sempre stato così.
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